Il Decontemporaneo

                «... gemendo sotto il giogo di quest’epoca...» (William Shakespeare, «Giulio Cesare»).

                Niente da fare… e vi giuro che ho cercato eh! La migliore descrizione/definizione di “arte contemporanea” ce l’ha data Alberto Sordi nelle sue “Vacanze intelligenti”… quando, in visita alla biennale di Venezia, Remo e Augusta Proietti, veraci popolani romani, danno corso ad una divertente scenetta.

                La corpulenta Augusta, stanca nel girovagare attraverso i grandi padiglioni della biennale, si accascia su una sedia componente di un’installazione d’arte… il marito, Remo, si allontana alla ricerca di uno spuntino, proprio nel mentre la sala viene invasa da numerosi visitatori ed è a questo punto che la povera Augusta viene scambiata lei stessa per l’Opera d’arte. Verrà fotografata, interpretata con fervore artistico da sedicenti “esperti” e addirittura valutata ben 18’000’000 delle vecchie lire. Toccherà a Remo, ritornato, spiegare che ciò che si sta osservando (e commentando) è… “la mia signora”. La scena finisce con i due coniugi un po’ allibiti che escono ed in sottofondo il commento di Remo: “Diciottomilioni? Ma non è troppo?”

                In poche battute si pone l’attenzione su cosa sia quella “tipologia” d’arte: intrattenimento, discorsi “sofistici” e mercato… Ed è questa l’intelligente intuizione dell’Albertone nazionale, regista acuto e superbo osservatore dei costumi e comportamenti del tempo. Egli fa una precisa analisi dell’idea che l’immaginario collettivo aveva dell’Arte Contemporanea nel 1978, anno di uscita del film. Da quel film sono passati ben 40 anni e  l’”immaginario collettivo” continua a pensarla allo stesso modo… ed è proprio la persistenza di questa memoria che decreta la fine di questo lungo periodo temporale che chiamiamo “arte contemporanea”.

                L’astrusa, indefinibile, generica, ormai obsoleta “arte contemporanea” è destinata a finire. Ammettiamolo…

                La sua stessa difficoltà nel definirla criticamente, le sue sfaccettature che derivano da una mancanza di una scuola artistica dominante, distinta e riconosciuta dagli stessi artisti, storici dell’arte e dalla critica, la pone in un contesto storico che contemporaneo più non è.
                “Contemporaneo” è ciò che accade o vive nello stesso tempo ma è anche, principalmente e specificamente nell’Arte, la vera emozione, la sensazione ed il pensiero che proviamo oggi nel nostro profondo… non di certo il pensiero manipolato dai mass media, dalle interferenze della vita attuale. Questi ultimi (emozioni, sensazioni e pensieri) e le opere corrispondenti spesso cadono nel ridicolo, nella mera propaganda, nella pubblicità, nella provocazione, nell’intrattenimento… che son proprio le cose che non sono funzionali all’Arte stessa. A questo punto, mi chiedo, quanto ci sia di vero contemporaneo nel pensiero degli artisti che osserviamo e quanto nelle loro opere?
                Il nostro stesso tempo si è trasformato in qualcosa d’altro a seguito dei cambiamenti economici, globali, politici e sociologici. La sempre maggiore velocità e quantità di scambi di idee, informazioni e cultura hanno decretato l’allentamento delle spinte propulsive che l’arte moderna aveva fatto nascere. Ad un artista non serve solo creare oggi per essere definito “contemporaneo”, non solo, ma tocca che il suo messaggio lo sia, quindi il suo pensiero. Questa “arte contemporanea” che al meglio nasce dopo gli anni ’60, quindi “viva” da 60 anni come fa ad essere considerata contemporanea? E dove ha portato?
                Ma, poi, non vi sembra una vera e propria trappola la dicitura “arte contemporanea”? Un ossimoro, oltremodo, che non da via di scampo… potrebbe durare per sempre… visto che da tanto dura… un vero e proprio inganno semantico… destinato ad ostacolare qualsiasi nuova tendenza perché al suo interno le fagocita tutte… Un gap che deve essere portato all’esautorazione per ritornare ad una piena consapevolezza del senso dell’Arte, attività umana e di pensiero troppo importante per essere lasciata dissipare “nel giogo di quest’epoca”.
                Lo stesso concetto di Arte si riferisce ad un’attività di pensiero, ad una tecnica, ad una abilità specifica… un Talento. E l’Arte generalmente è volta a produrre opere conformi a specifici canoni estetici. Che sia “contemporanea” o meno l’Arte, alla fine, non ha nessuna importanza. Abbiamo bisogno, invece, di quei canoni… del pensiero che quei canoni e-stetici fanno scaturire. Canoni “antichi” da ritrovare e nuovi da ricercare, esplorare. Di certo canoni vicini al nostro tempo ma di fondo universali.

                Bisogna “decontemporaneizzare” l’Arte. Bisogna che oggi si venga a creare una demarcazione dicotomica del pensiero sull’Arte.

                Nel neologismo “Decontemporaneo” vedo in essere un nuovo periodo storico e artistico... il “de” sottolinea sia la sua derivazione dal contemporaneo ma anche il netto allontanamento da questi.

                p.s. A proposito… un “Hitler inginocchiato” di Cattelan… 14’000’000 di dollari… Ma non è troppo?

                Maurizio Barrès (mai noè corre)